L’importanza dei documentari di animali nella mia infanzia
Quando ero piccolo passavo la maggior parte del mio tempo a casa dei nonni paterni e, nella sala, in un angolino, c’era uno scaffale con una vasta raccolta di cassette VHS con tutti i documentari di animali presentati da Piero Angela.
Ricordo le copertine gialle con tutte quelle immagini di animali che guardavo di continuo, a ripetizione e senza sosta.
Anche se la mia puntata preferita era quella dei coccodrilli del Nilo (ero affascinato dalla loro velocità di esecuzione nell’addentare gli erbivori che andavano a bere), mi colpiva sempre l’immagine di copertina dell’orangotango.
Quel suo arancione acceso spiccava troppo, era troppo bello.
Il fascino dell’orango di Sumatra
Oggi, a distanza di 30 anni, sono qui a raccontarvi di come ho scattato immagini simili a quelle che sognavo da bambino nella sala dei miei nonni. Vi racconto il Sumatra, tra oranghi e popolazione locale.
Viaggio in Indonesia: un sogno realizzato
L’idea di questo viaggio mi balenava nella mente da diverso tempo ma, tra la pandemia e la variazione dei miei programmi, ho rimandato diverse volte la partenza fino a che, nell’inverno, ho deciso di fare il biglietto aereo.
Se qualcuno dovesse chiedermi perché sia così importante per me l’Indonesia ed in particolare Sumatra, risponderei che per me l’orangotango ha un fascino ed un’importanza al pari di altre specie come l’orso polare, il giaguaro, l’anaconda, il puma, la tigre o il pinguino imperatore.
È uno di quegli animali che “una volta nella vita…”.
Esplorazione fotografica della giungla di Sumatra
Questo viaggio, come anche quelli precedenti, ha avuto una particolarità: sono stato per venti giorni sempre nello stesso luogo. Stesso alloggio, stesso posticino a conduzione familiare dove ogni giorno andavo per colazione, pranzo o cena.
Non ho avuto necessità di spostarmi, ma questo fondamentalmente per una sola ragione: le foto belle non si fanno in un giorno solo. E quindi sapere di poter contare su 20 giorni disponibili avrebbe accresciuto la probabilità di incontrare situazioni favorevoli. Questione di matematica.
Fotografare i bambini nel fiume di pomeriggio alle 18 non è come vederli al mattino alle 11 oppure gli stessi oranghi che, se avvistati nelle ore calde, possono offrire scatti fotografici migliori.
La popolazione locale di Sumatra
Avendo molto tempo disponibile, ho effettuato diverse uscite in diversi orari ed è stato strabiliante notare la differenza di colori che c’è nella giungla a seconda degli orari del giorno e delle condizioni atmosferiche.
Stessa cosa nei villaggi intorno che di mattina sono pieni di bambini che giocano in acqua mentre di pomeriggio vi sono solo donne che lavano i panni.
Durante tutta la giornata si incontrano uomini che pescano nel fiume con la rete, ragazzi in motorino senza casco, donne che espongono le loro mercanzie lungo grossi teli colorati e, soprattutto, bambini che giocano in ogni modo possibile immaginabile, sempre scalzi e spericolati.
La solarità della popolazione locale
Ciò che mi ha colpito particolarmente del Sumatra e della popolazione dell’Indonesia è la solarità delle persone.
Tutti salutano sorridendoti, anche se sei sul motorino ed incroci i loro sguardi per un solo secondo.
I bambini urlano “hello”, e se per qualche motivo fai una sosta da qualche parte, te li ritrovi tutti attorno solo per la curiosità e l’interesse che hanno.
Ne ho incontrati tanti giocare con foglie di banane, canne secche o che si tuffavano nei fiumi da punti veramente pericolosi (cose che non facevo neanch’io per quanto ero veramente vivace da ragazzino) ma qui mi son reso conto che crescono proprio in una maniera totalmente diversa.
E poi nei sorrisi hanno una luce che in Occidente ormai quasi non si vede più.
Il mio compagno di viaggio: Aseng
La figura più importante del mio viaggio si chiama Aseng, ma io l’ho battezzato Mowgli ed è stato lui che mi ha accompagnato ovunque per cercare le cose tradizionali del paese, come piantagioni di riso, coltivazioni di palme, villaggi o scuole (mi ha anche accompagnato dal dottore quando mi son beccato la febbre).
Sempre col motorino che ci ha permesso di intrufolarci ovunque senza grosse difficoltà, son riuscito a portare a casa gli scatti che cercavo: cogliere l’autenticità del posto.